Convenire sulla necessità di una difesa comune europea significa dotarsi degli strumenti
che possano realizzarla. Quindi tutti coloro che sentono questa necessità dovranno per
prima cosa dotarsi di una comune politica estera.
Ma come si compone una politica estera, come si declina, su quali principi comuni?
Necessitiamo come europei di una Carta, una Costituzione come base comune del nostro stare insieme.
Quindi vanno condivisi alcuni principi, discuterli nei vari Parlamenti e da qui procedere a
quella riforma delle istituzioni europee che diano il senso compiuto dell’agire comune. Ad
esempio un’Europa federale e laica che ripudi la guerra come risoluzione dei conflitti
mutuando l’art. 11 della Costituzione italiana senza smentirlo ogni volta per ragioni mai
confessate. Un’Europa che abbia strumenti di difesa esclusivamente difensivi, che realizzi
la deterrenza con una sua politica estera basata sul Metodo dei Trattati e avviando lo
smantellamento degli arsenali nucleari. Che componga e scriva sulla Carta la sua identità
culturale fondata sulla condanna di ogni colonialismo comunque mascherato e avvii la
sperimentazione e realizzazione di un sistema produttivo rispettoso del pianeta e di tutte le
sue forme di vita.
L’accelerazione al riarmo che ci viene veicolata sembra che voglia come al solito by-passare questi argomenti che dovrebbero essere la base della convivenza tra i nostri popoli e tra l’Europa gli altri stati.
Chi ha come unico argomento la sicurezza armata in realtà prepara la guerra.
Lo stato di emergenza impaurisce i popoli,incrina le coscienze e nasconde il vero truce volto di un capitalismo alla ricerca di nuove forme di dominio.
Ad Helsinki nel 1975 si posero le basi per relazioni non aggressive; oggi si dovrebbe
proseguire su quegli accordi per svilupparne politiche conseguenti, consegnando all’ONU
la funzione di promuovere conferenze internazionali su Pace e Sicurezza. Il riarmo
europeo ci consegna ad una concezione eurocentrica dei rapporti internazionali. Un
eurocentrismo così declinato affossa e offende la possibilità di una prospettiva basata su
un attivismo politico culturale che collocherebbe l’Europa al centro del dibattito globale.
Dobbiamo costruire un’Europa che facendo tesoro e critica sulle sua controversa storia
proponga ai popoli del mondo un punto di vista politico oltre le lacerazioni che i due o tre
blocchi economici e militari esercitano per il loro predominio.